JAMES MANGOLD, New York, 16 Dicembre 1963

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IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 22/1/2008, 09:22     +1   -1




E' sempre in compagnia dell'adorata moglie, produttrice di gran parte dei suoi film e sua personale assistente. Molti non hanno la minima idea di chi sia James Mangold, ma chi ha visto uno dei suoi film migliori, il thriller Identità (2003), sa che ha la stoffa necessaria per offrire al grande pubblico pellicole costruite con intelligenza, coerenti nella storia, di taglio realistico e particolarmente convincenti. Accolto con indifferenza dal pubblico al suo esordio da regista, fresco degli insegnamenti del grande autore Alexander Mackendrick (dal quale ha rubato i segreti sulla padronanza dello sviluppo narrativo e sulla direzione sublime del cast, nonché le tecniche di una regia e di un montaggio senza sbavature), è uno dei più apprezzati autori americani. Nonostante costruisca dei piccoli film di genere (azione, commedie sentimentali, gialli) non accetta il sacrificio dell'approfondimento psicologico dei suoi personaggi e della descrizione del contesto sociale. Scelte che lo hanno portato, fin dall'inizio, a un impressionante numero di premi e a sdoganarsi da un pubblico di nicchia per abbracciare altri spettatori. Merito del suo perfetto talento, perché Mangold, in fondo, non è un uomo senza qualità. Costantemente a metà strada fra Mamet, Shepard e Cechov, si impegna nel dipingere un'America sconosciuta, alla luce di un neon, con finezza e tensione tipici della Disney, dove ha iniziato il mestiere di sceneggiatore. Ricco di sfumature, senza trucchi, molto cuore, a volte molto prevedibile, altre volte meno, speriamo possa rimanere nella storia del cinema, magari con un bell'Oscar.
Figlio dei pittori Robert Mangold e Sylvia Plimack Mangold, il giovane James, dopo aver frequentato la Washingtonville High School, viene accettato alla California Institute of the Arts, dove studia cinema e recitazione con Don Cheadle e sotto il grande Alexander Mackendrick. Una volta laureato, consegue un master alla Columbia University e comincia a firmare i suoi primi cortometraggi. Poi, nel 1985, viene assunto come regista e sceneggiatore dalla Disney, per i quali collaborerà nella stesura di alcuni film tv e qualche film animato, uno fra tutti Oliver & Company (1988) di George Scribner. Stabilitosi a New York, conosce il grande Milos Forman, il quale lo istruisce personalmente sul mestiere di regista.
Per vedere la sua opera prima, dobbiamo aspettare il 1995, quando Mangold firma Dolly's Restaurant con Liv Tyler e Shelley Winters che vince il Premio Speciale della Regia e il Gran Premio della Giuria come miglior opera drammatica al Sundance Film Festival. Un esordio che spinge Mangold direttamente a Hollywood e a dirigere, quindi, attori del calibro di Harvey Keitel, Rovere De Niro e Sylvester Stallone in Cop Land (1997).
Nel 1998 si sposa con la produttrice Cathy Konrad e, l'anno seguente, mette a segno un altro buon film dirigendo Vanessa Redgrave in Ragazze interrotte (1999). Andrà meno bene la commedia sentimentale basata sui viaggi spazio-temporali Kate & Leopold (2001) con Meg Ryan e il quasi invisibile (ma da vedere) thriller Identità (2003). Ma Mangold non si lascia scappare l'occasione di recitare accanto a Cameron Diaz, Selma Blair, Christina Applegate, Thomas Jane, Jason Bateman e Parker Posey nella commedia sgangherata e atipica La cosa più dolce (2002) di Roger Kumble, dove recita il piccolo ruolo del fidanzato della Applegate, il dottor Greg.
Senza alcun dubbio, il film più noto di questo regista è Quando l'amore brucia l'anima (2005), storia del cantante country Johnny Cash (Joaquin Phoenix) e del suo amore per la cantante June Carter (Reese Witherspoon), tratto dal libro "Man in Black", ma anche dall'autobiografia della stessa Carter. Mangold dimostra una buona maturità artistica nel narrare audiovisivamente questo viaggio nel rock, ma anche all'interno di un uomo del cui rock è la storia.
Produttore esecutivo del telefilm Men in Trees (2006-2007) con Anne Heche, nel 2007 firma la regia di Quel treno per Yuma (2007), remake dell'omonimo western del 1957, dove dimostra ancora una volta di essere un più che discreto autore, che ama sporcarsi le mani con il cinema di genere. Autore minimalista, triste, serio, western, rock, costantemente in bilico fra la drammaturgia teatrale e la malinconia struggente di certe ballate country, è uno dei pochi autori che, invece di affidare all'azione o alla parola il messaggio, preferisce trasferirlo a sguardi, intese impercettibili e atmosfere.
 
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